Melfi

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Melfi
comune
Melfi – Stemma Melfi – Bandiera
   
Melfi – Veduta
Localizzazione
Stato Italia Italia
Regione Regione-Basilicata-Stemma.svg Basilicata
Provincia Provincia di Potenza-Stemma.png Potenza
Amministrazione
Sindaco Livio Valvano (Centro-sinistra) dal 31/05/2011
Territorio
Coordinate 40°59′47″N 15°39′21″E / 40.996389°N 15.655833°E40.996389; 15.655833 (Melfi)Coordinate: 40°59′47″N 15°39′21″E / 40.996389°N 15.655833°E40.996389; 15.655833 (Melfi) (Mappa)
Altitudine 562 m s.l.m.
Superficie 206,25 km²
Abitanti 17 768[3] (31-05-2015)
Densità 86,15 ab./km²
Frazioni Camarda, Capannola, Foggianello, Foggiano, Isca ricotta, Leonessa, Masseria Casella, Masseria Catapane, Masseria Menolecchia, Parasacco, San Giorgio di Melfi, San Nicola, Vaccareccia, Villa Mariannina[1]
Comuni confinanti Aquilonia (AV), Ascoli Satriano (FG), Candela (FG), Lacedonia (AV), Lavello, Monteverde (AV), Rapolla, Rionero in Vulture, Rocchetta Sant'Antonio (FG)[2]
Altre informazioni
Cod. postale 85025
Prefisso 0972
Fuso orario UTC+1
Codice ISTAT 076048
Cod. catastale F104
Targa PZ
Cl. sismica zona 1 (sismicità alta)
Cl. climatica zona D, 1 841 GG[4]
Nome abitanti melfitani
Patrono Sant'Alessandro
Giorno festivo 9 febbraio
Soprannome la Città delle Costituzioni di Federico II
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Melfi
Melfi
Posizione del Comune all'interno della Provincia
Posizione del Comune all'interno della Provincia
Sito istituzionale

Melfi (IPA: [ˈmɛlfi],[5][6], Mélfe in dialetto lucano) è un comune italiano di 17 768 abitanti[3] della provincia di Potenza, in Basilicata, terzo per numero di abitanti dopo i due capoluoghi di provincia.

Costituita da un centro storico di aspetto complessivamente medievale, la città è diventata un importante centro industriale ed è sede di un gran numero di imprese. Il polo industriale di San Nicola di Melfi, sorto nei primi anni novanta, ospita la fabbrica automobilistica SATA, il più avanzato stabilimento del gruppo FIAT in Italia,[7] basato su sistemi innovativi d'automazione delle fasi produttive e sull'organizzazione del lavoro che massimizza la produttività[8].

Melfi è stata sede di un tribunale ordinario dall'anno 1862, soppresso dopo 150 anni, con Decreto legislativo n. 155, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 12 settembre 2012, nell'intento di riordinare la cosiddetta geografia giudiziaria in funzione dell'ottimizzazione dei costi di gestione e della produttività.

Sin dal 1866, sono stati prodotti vari progetti per la creazione di una provincia distaccata da quella di Potenza[9]. La proposta del 1951 fu approvata dai consigli comunali di 22 comuni, di cui 6 fuori regione, omogenei per scambi commerciali e vie di comunicazione, oltre che morfologia, un territorio esteso su 1.668 km², con una popolazione pari a 148 000 abitanti.

 

 

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

MELFI SKYLINE.jpg
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Panoramica del borgo medievale di Melfi

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

Melfi si colloca nell'estremo nord della Basilicata, alla base del Monte Vulture, vulcano inattivo dall'era protostorica, al confine con la Puglia (provincia di Foggia) e la Campania (provincia di Avellino), confine segnato dal fiume Ofanto. Il territorio comunale, prettamente collinare, con un'altitudine media di 645 metri sul livello del mare,[10] si sviluppa su una superficie di 205,15 km²[10], secondo comune per estensione nella provincia.

Clima[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica di Melfi.

Da zona interna, che non risente dell'azione temperata del mare, e con altimetria superiore ai 500 metri, Melfi si ritrova ad avere un clima temperato freddo, con piogge irregolari e presenti perlopiù nelle stagioni autunnale e invernale. Gli inverni sono rigidi con frequenti nevicate. Le estati sono piuttosto calde con un clima secco. Secondo i dati medi del trentennio 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +5,6 °C, mentre quella del mese più caldo, agosto, è di +23,6 °C.[12][13]

MELFI Mesi Stagioni Anno
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Inv Pri Est Aut
T. max. mediaC) 8,8 9,9 12,5 16,4 20,9 26,2 29,5 30,0 25,4 19,2 14,6 11,1 9,9 16,6 28,6 19,7 18,7
T. min. mediaC) 2,4 2,7 4,4 7,2 10,6 14,5 16,9 17,2 14,5 10,5 7,0 4,7 3,3 7,4 16,2 10,7 9,4
Precipitazioni (mm) 92 81 76 72 55 43 32 31 55 82 98 94 267 203 106 235 811

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Melfi.
Scala cronologica dominazioni.jpg
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Cronologia delle sovranità
Le origini del nome

Le origini del nome di Melfi deriverebbero dal piccolo fiume Melpes,[15] citato dallo scrittore e naturalista latino Plinio il Vecchio, che a onor del vero lo colloca in prossimità di Capo Palinuro, a sua volta distante centomila passi da Reggio Calabria. In Naturalis historia si legge: "...promunturium Palinurum, a quo sinu recedente traiectus ad Columnam Regiam C m. p. - proximum autem flumen Melphes..."

Origini[modifica | modifica wikitesto]

La fondazione di Melfi (sebbene abitata da epoche remote) è di ignota datazione ed esistono vari pareri discordanti. Giovanni Pontano e Leandro Alberti sostennero che i fondatori fossero greci;[16] il monaco longobardo Erchemperto nelle sue opere attribuì la nascita di Melfi ad alcune famiglie dell'Impero romano[17], le quali avrebbero inizialmente deciso di trasferirsi nella Bisanzio ricostruita da Costantino il Grande. Ma, a causa di un violento nubifragio nei pressi della Schiavonia, si sarebbero fermate a Ragusa (Croazia), da dove furono scacciate, per cui sarebbero infine tornate sulle coste italiane e, insediandosi nell'area del Vulture, avrebbero fondato Melfi.[18] Però, per l'insicurezza dalle orde di barbari e le loro scorrerie, continuarono nel loro pellegrinaggio, e fondarono Amalfi (alcuni ritengono che dal nome di Melfi deriverebbe quello della città campana).[19]

Esiste un'altra teoria che ne data la fondazione ai primi anni dell'XI secolo, ad opera del generale bizantino Basilio Boioannes (catapano d’Italia dal 1017 al 1027), poiché non esistono prove documentali dell'esistenza della città in tempi precedenti.[20] Né risulta, con le vicine Rapolla e Venosa, nell'elenco delle città daune nominate da Plinio il Vecchio nel 70 d.C. circa.

Dall'antichità ai Normanni[modifica | modifica wikitesto]

Dal villaggio alla città fortificata
Antica stampa di Melfi, Capitale della Contea di Puglia, poi del Ducato di Puglia e Calabria

I primi centri abitati, situati nella frazione Leonessa e resti di una mastodontica necropoli trovati in località Toppo d'Avuzzo a Rapolla attestano che l'area del melfese era abitata sin dai tempi del neolitico;[15] Dauni e lucani furono tra le prime civiltà a insediarsi nel suo territorio.[15] In epoca romana, l'abitato era in secondo piano rispetto ad altre località limitrofe come Venusia (l'attuale Venosa),[15] dato che quest'ultima, trovandosi, assieme a Strapellum (l'attuale Rapolla), in un punto strategico della via Appia, fu un importante centro di scambi commerciali.

Con la caduta dell'Impero Romano, la zona, occupata dai bizantini e poi dai longobardi, iniziò ad acquistare maggior importanza, ma fu con l'arrivo dei normanni che iniziò ad assumere un ruolo fondamentale. Nel 1042, Guglielmo Braccio di Ferro e gli altri membri della famiglia Altavilla ottennero dal duca longobardo Guaimario IV di Salerno il riconoscimento ufficiale della conquista della città, diventando in cambio suoi vassalli, e partirono da Melfi per mettere sotto il proprio dominio l'intero meridione d'Italia.[21]

A Melfi, capitale della Contea di Puglia, si tennero cinque concili, organizzati da cinque diversi Pontefici tra il 1059 e il 1137. Nel I concilio del 1059, il papa Niccolò II riconobbe i possedimenti conquistati dai Normanni e nominò Roberto il Guiscardo duca di Puglia e Calabria,[22], che divenne vassallo della Chiesa. La città stava passando un momento fulgido della sua storia, e in tale circostanza diventava la Capitale del Ducato di Puglia e Calabria nel 1059.[23]

Melfi, nonostante dovette cedere il titolo di Capitale a Salerno e infine a Palermo, continuò a essere un centro molto importante dell'impero normanno. La città fu luogo di organizzazione di altri Sinodi. Il papa Alessandro II dal primo agosto 1067 presiedette il Concilio di Melfi II; ricevette il Principe longobardo di Salerno, Gisulfo II, e i fratelli Roberto il Guiscardo e Ruggero Altavilla. Nel corso del Concilio di Melfi III, del 1089, il papa Urbano II indisse la Prima Crociata in Terra Santa.[24], poi Pasquale II nell'1101 convocò il Concilio di Melfi IV e infine Innocenzo II nel 1137 celebrò il Concilio di Melfi V, ultimo della serie.

Italia normanna.jpg
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L'Italia meridionale dopo l'anno mille: dalla contesa tra Longobardi e Bizantini all'unificazione realizzata dai Normanni

Dagli Svevi agli Aragonesi[modifica | modifica wikitesto]

Federico II con il falcone

Ai Normanni si sostituirono gli Svevi di Federico II Hohenstaufen, che portò Melfi e il suo castello a nuovi splendori.[25] L'imperatore scelse la città come residenza estiva e qui (ma anche nelle località di Lagopesole, Palazzo San Gervasio e, secondo alcune fonti, anche Monticchio)[26][27] trascorse i suoi momenti di svago, dato che prediligeva le foreste del Monte Vulture per praticare la falconeria (la caccia col falcone), il suo hobby preferito.

Il sovrano svevo promulgò dal castello le Costituzioni di Melfi (o Constitutiones Augustales), codice unico di leggi per l'intero regno di Sicilia, opera fondamentale nella storia del diritto, le cui caratteristiche sono considerate "moderne" da molti storici.[28] Agli Svevi succedettero gli Angioini, e per Melfi iniziò il declino, sebbene Carlo II d'Angiò fece ristrutturare e ampliare massicciamente il castello.[25] Gli Angioini vennero spodestati dagli Aragonesi, che divennero i nuovi dominatori di Melfi.

Poco più di due secoli dopo, quando Melfi era da tempo sotto il dominio spagnolo, l'esercito francese guidato da Pietro Navarro e Odet de Foix causò uno degli avvenimenti più truculenti della storia della città. Infatti, tra il 22 e il 23 marzo 1528, avvenne il cosiddetto assedio di Melfi, passato alla storia come "La Pasqua di sangue", ove la città venne saccheggiata, bruciata e gran parte della popolazione venne sterminata, le cui cifre approssimate si aggirano tra le 3.000 e le oltre 4.000 persone uccise.[29][30] L'offensiva francese venne sradicata dal re di Spagna Carlo V, che riconquistò Melfi nel 1531, ma la città, ormai ridotta in macerie, fu abbandonata per mesi. Con l'emissione di due editti da parte del sovrano, Melfi venne ripopolata da persone provenienti dagli abitati limitrofi e da una colonia di albanesi; inoltre fu conferita del titolo di "fedelissima" ed esentata dal pagamento dei tributi per 12 anni.[31]

Dal Cinquecento a oggi[modifica | modifica wikitesto]

Da destra: i briganti Tinna, Lamacchia, Cafo e Caruso in carcere a Melfi

Dal 1531 la città fu governata dalla famiglia dei Doria di Genova, sotto la sovranità delle dinastie reali spagnole degli Asburgo e dei Borbone; furono secoli di declino durante i quali avvennero varie insurrezioni sociali, come nel 1728 contro la gabella della farina e nel 1831 per la quotizzazione delle terre demaniali. Il 10 settembre 1656 si diffuse un focolaio di peste, che provocò oltre 500 morti in un semestre. Nel 1742, durante il regno di Carlo di Borbone, l'influente giurista Bernardo Tanucci, dopo la spedizione navale britannica contro Napoli di quell'anno, constatata la vulnerabiltà della città partenopea agli attacchi dal mare, propose invano di spostare la capitale del regno a Melfi.[32]

Proclamata l'effimera Repubblica Napoletana (1799), a Melfi fu piantato l'albero della libertà e la città fu controllata dai giacobini fino all'arrivo dell'esercito sanfedista del cardinale Ruffo, il 29 maggio dello stesso anno. Ruffo riuscì ad impedire il saccheggio della città, anche se numerosi prigionieri perirono nelle prigioni melfitane, non si conosce se per malattia o per maltrattamenti.[33]

Un violento terremoto distrusse buona parte dell'abitato nel 1851, uccidendo un gran numero di persone. Poco dopo l'unità d'Italia, la città, coinvolta nel brigantaggio, subì l'occupazione dell'armata di Carmine Crocco nel mese di aprile 1861,[34] ove si fecero notare i briganti Domenico "Malacarne" Zappella e Michele Schirò.[35] Saccheggiata la città, Crocco destituì le autorità liberali e proclamò un governo in nome di Francesco II. L'occupazione della città destò preoccupazione da parte del regno italiano, tant'è che Giuseppe Garibaldi citò il "governo provvisorio a Melfi" durante una discussione parlamentare.[36] Più tardi la città fu teatro di condanne a morte per i briganti Giuseppe Schiavone, Giuseppe Petrelli e Aniello Rendina, giustiziati il 28 novembre 1864 dai bersaglieri sabaudi.[37]

Il 19 luglio 1868, la città diede i natali a Francesco Saverio Nitti, presidente del consiglio e ministro, nonché uno dei maggiori fautori del meridionalismo, assieme a Giustino Fortunato. In era fascista, Melfi, come altri luoghi della Basilicata, fu terra di confino e tra i personaggi costretti al soggiorno obbligato vi furono antifascisti come Manlio Rossi-Doria, Franco Venturi, Ada Rossi, Eugenio Colorni e sua moglie Ursula Hirschmann.

La città fu devastata dal terremoto del Vulture nel 1930, che rese Melfi il comune dell'area maggiormente danneggiato,[38] e subì forti flussi migratori verso il nord Italia e il nord Europa. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu bombardata dalle flotte alleate, per la precisione il 26 settembre del 1943, nel bombardamento ad opera del 12àth NATBF e DAF, che colpì Benevento, Melfi, Foggia, Pomigliano e Sarno; nell'occasione si registrarono numerose vittime tra i civili. Iniziò a vedere una certa ripresa agli albori degli anni novanta, con l'impianto degli stabilimenti FIAT e Barilla presso la zona industriale di San Nicola di Melfi.

Simboli[modifica | modifica wikitesto]

Stemma della Città di Melfi
Gonfalone della Città di Melfi
Blasonatura stemma
« Scudo di foggia sannitica con campo d'oro recante al centro Basilisco verde con lingua rossa sostenuto dalla vetta centrale di un monte di tre cime color verde con contorno nero, sormontato da corona con torri d'oro e circondato da due rami di alloro e di quercia legati in basso da un nastrino tricolore al centro[39] »
Blasonatura gonfalone
« Drappo "partito" di giallo e di verde, riccamente ornato di ricami d'oro e caricato dello Stemma civico sormontato dall'iscrizione, convessa verso l'alto, pure in oro, "Città di Melfi"[39] »

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto]

Cattedrale di Santa Maria Assunta

Cattedrale di Santa Maria Assunta[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Cattedrale di Santa Maria Assunta (Melfi).

Progettata da Noslo di Remerio, iniziò ad essere costruita nel 1076 per volere di Roberto il Guiscardo, sebbene altre fonti attestano la data d'inizio nel 1153, sotto l'ordine di Guglielmo I di Sicilia.[40] Del suo passato normanno è rimasto ben poco per via dei terremoti e dei ripetuti restauri che hanno reso il suo attuale aspetto prettamente barocco, a eccezione del campanile, eretto nel 1153 per ordine di Ruggero II, il quale conserva ancora uno stile romanico normanno. L'interno ha pianta a croce latina e tre navate, sormontate da un soffitto a cassettoni dorati e da una cupola di forma piramidale a otto facce.

Chiesa di Sant'Antonio

Chiesa di Sant'Antonio[modifica | modifica wikitesto]

La costruzione avvenne nel 1423 e i restauri dopo il 1851. Fu gravemente danneggiata dall'esercito di Odet de Foix nel 1528, durante l'assedio di Melfi e resistette ai terremoti del 1731 e del 1752, ma quello del 1851 la danneggiò seriamente. Dal XVII al XVIII secolo, la chiesa viene dedicata a Sant'Antonio. Di stile romanico e gotico, conserva affreschi dell'epoca, una statua lignea di Sant'Antonio con Bambino dipinto in oro e un dipinto di Carlo Sellitto raffigurante Le Anime del Purgatorio. Durante le opere di restauro furono scoperti due archi in stile gotico, ove sull'arco trionfale è scolpita la data di ricostruzione (1523), a seguito del sisma del XV secolo.

Chiesa del Carmine

Chiesa di Sant'Anna e Santa Maria del Suffragio[modifica | modifica wikitesto]

Edificata nel 1934, la chiesa appartenente alla parrocchia Cattedrale è conosciuta come organizzatrice della processione del venerdì Santo, dove insieme alle immagini sacre della Madonna Addolorata e Gesù Morto, sfilano bambine vestite di nero con in mano i misteri della Passione di Gesù. Tale chiesa organizza anche la processione di Sant'Anna il 26 luglio.

Chiesa della Madonna del Carmelo (Carmine)[modifica | modifica wikitesto]

Un tempo era parte del Convento dei carmelitani, che occupava buona parte degli stabili circostanti. L'originaria porta in legno (oggi conservata nel Palazzo del Vescovado) presenta immagini che riassumono il tipico esempio della concezione medioevale della morte. La confraternita di questa chiesa (insieme a quella di S. Anna) cura i riti della settimana Santa con l'esecuzione di mesti canti riguardanti la tragedia del Golgota.

Chiesa di San Teodoro[modifica | modifica wikitesto]

La data di costruzione è ignota sebbene antica, si è a conoscenza solamente che nel 1040 fu elevata a parrocchia dal vescovo Monsignor Baldovino, fino all'anno 1988, quando l'allora vescovo Mons. Cozzi accorpò la chiesa alla Cattedrale. Nell'edificio era conservato un vasetto di legno che conteneva le reliquie di San Teodoro M., di San Sebastiano e San Petronilla ma, dopo il sisma del 1980, questa testimonianza è andata perduta. Vi si trova un crocifisso in legno di medie dimensioni e una statua della "Madonna Desolata".

Chiesa di San Lorenzo[modifica | modifica wikitesto]

Risalente al 1120, a quel tempo appartenente all'Abbazia di Sant'Ippolito di Monticchio Laghi, è probabilmente l'edificio più antico di Melfi, e consiste in un battistero ottagonale affiancato da un campanile ammezzato.

Altre chiese[modifica | modifica wikitesto]

Chiesa Santa Maria ad Nives
  • Ex Chiesa di Santa Maria la Nova: Sul gentilizio "corso Garibaldi" fa bella presenza la facciata dell'ex chiesa di "Santa Maria la Nova", costruita intorno al XII secolo sotto il dominio dei longobardi, che conserva un bel portale ad arco ribassato caratterizzato da motivi geometrici e incisioni frastagliate a sbalzo. La pianta originariamente era a tre navate; le due laterali sono state separate e trasformate ad uso civile, mentre il campanile ha verosimilmente subito crolli ed è stato demolito.
  • Chiesa di Santa Maria ad Nives: Fu costruita nel 1570 dall'albanese Giorgino Lapazzaia, giunto a Melfi nel 1534. Legata al rito arbëreshë, in essa si celebrano due antiche tradizioni; quella dello Spirito Santo e quella delle panedduzze.
  • Chiesa della Trasfigurazione di Nostro Signore e Convento: Già sede dei Cappuccini, posizionata sulla collinetta Tabor. Fu costruita nel XIII secolo e all'inizio era una casa di noviziato per poi essere adibita, dal 1696, a studio teologico e filosofico.

Chiese rupestri[modifica | modifica wikitesto]

  • Chiesa rupestre di Santa Margherita: interamente scavata nel tufo, risale al 1200. Fu scoperta da Gian Battista Guarini.[41] Gli affreschi rappresentano soggetti come S. Margherita (sopra all'altare principale), l'arcangelo Michele, la Madonna con Bambino, S. Giovanni Battista e Cristo in Trono. Notevole una rappresentazione del motivo di Federico II che si imbatte in tre scheletri, diffuso schema di memento mori. Tra gli affreschi appaiono tre figure laiche in tenuta da falconieri, che, per il critico napoletano Pasquale Capaldo, sono i componenti principali della famiglia imperiale sveva: Federico II, sua moglie Isabella d'Inghilterra e il figlio dell'imperatore, Corrado IV.[41] La rappresentazione melfitana dell'incontro dei tre morti e dei tre vivi è particolarmente insigne, non solo per l'ipotesi che a raffigurare i vivi sia la famiglia imperiale, ma anche perché essa potrebbe essere la più antica raffigurazione pittorica del tema a noi giunta, primato conteso con l'affresco di identico soggetto iconografico conservato nel Duomo di Atri, pur con alcune varianti

all'interno dello schema generale.[42]

Chiesa Rupestre della "Madonna delle Spinelle"
  • Chiesa rupestre della Madonna delle Spinelle: scoperta nel 1845 a seguito di una frana, ne resta solo la cappella terminale (resti della navata furono spianati negli anni settanta per creare un piazzale antistante) di pianta esagonale con sei semicolonne che sostengono un cornicione. In era medievale era una parte della Basilica di Santo Stefano, una costruzione paleocristiana con più navate e cappelle annesse. Secondo alcune leggende, in parte confermate, vi era un lungo cunicolo sotterraneo che collegava il complesso con il Castello. Fu luogo di varie riunioni e congressi e si sostiene che da questa struttura partirono i soldati normanni capeggiati da Boemondo e Tancredi d'Altavilla per la prima Crociata in Terra Santa.[43].
  • Chiesa rupestre di Santa Lucia: Situata in contrada Giaconelli, a metà strada tra Melfi e Rapolla, è costituita da un solo ambiente con volta a botte. Gli affreschi della cripta, risalenti al XIII secolo e restaurati dal pittore prof. Tullio Brisi, presentano uno stile prettamente bizantino e illustrano le storie della santa. Inoltre vi è una raffigurazione della "Madonna con Bambino" seduta su trono mosaicato, tipica opera bizantina.
  • Chiesa rupestre dello Spirito Santo: Interamente scavata nella roccia, si trova a circa 900 metri di altezza tra i boschi del Monte Vulture. Conserva una statua della madonna, che viene portata per le via della città durante la festa della Pentecoste in memoria della battaglia tra francesi e spagnoli a Melfi.

Architetture civili[modifica | modifica wikitesto]

Piazze e Rioni[modifica | modifica wikitesto]

Piazza Duomo
  • piazza Duomo: chiamata anche Largo Marconi, è la zona in cui si trovano la Cattedrale e il Palazzo del Vescovado (Melfi). Nel periodo di ottobre dà luogo alla Sagra della Varola, festa dedicata alla famosa castagna di Melfi, il "marroncino".
  • piazza Umberto I: chiamata anche la piazza (la chiazz), rappresenta l'agorà cittadina dall'XI secolo, epoca in cui era il fulcro del borgo medievale. I vicoli, i vicoletti e le gradinate della piazza conservano ancora rilievi, pozzi, portali e decorazioni in pietra. È una cavea per eccellenza da presentare come caso di studio.
  • corso Garibaldi: chiamato anche strada del vescovado, dal 1500 è la principale arteria della città ed è luogo di vari palazzi gentilizi.
  • rione Chiuchiari: venne fondato nel 1534 dagli immigrati albanesi capeggiati da Capitan Kiukieri (da cui proviene il nome). Fu da loro abbandonato nel 1597 per trasferirsi nella vicina Barile.
Piazza Abele Mancini
  • via Vittorio Emanuele: altra arteria storica di Melfi, si contraddistingue per testimonianze storiche come il portale in pietra di Rapolla (1527) e il portale appartenente all'ospedale gestito dalla comunità francescana, datato 1664.
  • piazza Abele Mancini: detta anche piazza mercato, perché era il luogo fuori le mura dove si teneva anticamente il mercato. È stata oggetto di una riqualificazione ultimata nel 2006, uno dei rari casi in Italia in cui il progetto vincitore di un concorso di idee è stato realizzato. Presenta un percorso pedonale che unisce il borgo medievale al Municipio, ravvivato da una fontana con panche.
  • rione Bagno: in passato noto come il borgo, è situato al di fuori della cinta muraria che circonda la città ed era sede delle attività produttive favorite dal passaggio del fiume Melpes.

Palazzi[modifica | modifica wikitesto]

Palazzo della Corte
  • Palazzo della Corte: Costruito nel XVI secolo, l'edificio è stato per oltre un secolo la sede del municipio; attualmente ospita la proloco. Al suo interno vi è un busto di Federico II, donato alla città di Melfi dalla Repubblica Federale Tedesca. Nel 1922 il Comune di Melfi murò, nell'atrio del Palazzo Municipale, una lapide marmorea con la seguente epigrafe:
« IN QUESTA ANTICA CAPITALE DEL REAME DI PUGLIA / ILLUSTRE PER ARMI INDUSTRIA E FREQUENZA DI POPOLO / CARA A FEDERICO II DI SVEVIA / ITALIANO PER NASCITA GENIO ARDORE DI LOTTE / CHE NE RINNOVÒ I BALUARDI E LA CINTA / FURONO NEL MCCXXXI PROMULGATE LE COSTITUZIONI / PRIMO FONDAMENTO DELLO STATO LIBERALE / PROFETIZZATO POI DA DANTE / E PRIMI LINEAMENTI DEL DIRITTO DELLE GENTI / NEL SESTO CENTENARIO DEL DIVIN POETA / POPOLO E COMUNE CELEBRARONO LE LORO MEMORIE / IL TRIONFO DEL DIRITTO E IL PENSIERO DEL VATE / RICONGIUNGENDOLI IN UN SOLO RICORDO / E NEI NOMI DEI DUE GRANDI SPIRITI / UNITI GIÀ NEL POEMA NEL CONVIVIO E NEL VOLGARE ELOQUIO »
Palazzo del Vescovado
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Palazzo del Vescovado (Melfi).
  • Palazzo del Vescovado: In origine un edificio normanno dell'XI secolo, nel corso del tempo subì varie modifiche, a causa dei terremoti, fino a raggiungere uno stile barocco nel Settecento. All'interno esiste una pinacoteca ove sono esposti dipinti di Nicola da Tolentino a Cristiano Danona. È sede del Museo Diocesano e della biblioteca vescovile, che conserva documenti come le cinquecentine.
  • Palazzo Araneo: Presenta una facciata in stile rinascimentale, ma la parte restante della struttura è ritenuta risalente al Medioevo. Un tempo adibito a tribunale, si affaccia su un giardino pubblico nel quale si ammirano due monumenti, con busti in bronzo, del sen. Floriano Del Zio e dell'on. Arduino Severini. Un tempo il palazzo era di proprietà della ricca famiglia Mandina.
  • Palazzo Severini: Risale al XVI secolo e fu un convento dei Carmelitani. Divenne poi proprietà di Decio Severini, scrittore e professore universitario presso gli atenei di Pisa e Roma, nonché direttore generale delle irrigazioni in Argentina e progettista di grandi opere in Italia ed Egitto. Il palazzo, attualmente è sede di un'agenzia assicurativa.
Palazzo Aquilecchia
  • Palazzo Sibilla: Edificio eretto nell'XVI secolo, era la dimora natale del generale Ascanio Sibilla, decorato di medaglia al valor militare e benemerito per i soccorsi e gli aiuti umanitari ai terremotati di Messina, nonché sindaco di Melfi tra il 1952 e il 1956.
  • Palazzo Donadoni: Edificio appartenuto alla famiglia omonima, originaria di Bergamo. Geromino Donadoni, vissuto nella prima metà del XVI sec., vi esercitò il potere di vicegovernatore. È sede del museo civico ed è luogo di diverse mostre culturali.
  • Altri palazzi: Palazzo Mandini presenta una facciata in stile neoclassico, sotto la quale vi è un nucleo originario di epoca cinquecentesca; Palazzo Pierro già convento dei Somaschi, appartenente al XVII secolo; Palazzo Pastore XX secolo; Palazzo Tisbi XV secolo; Palazzo Aquilecchia XVI secolo; Palazzo Lospinoso-Severini XIX secolo.

Fontane[modifica | modifica wikitesto]

Fontana del Bagno
  • Fontana del Bagno: Costruita nel 1928, era il lavatoio della città e fonte per le scorte idriche per le case sprovviste d'acqua corrente.
  • Fontana del Bagnitello: In tempi passati fu un centro di ristoro per il viandante, per il pellegrino e per il contadino con i suoi animali, è stata ristrutturata nel 2003 con il contributo dell'associazione Lucani in Umbria.
  • Fontana Stazione: Di recente costruzione (1989) è situata nella piazza antistante alla stazione di Melfi.
  • Fontana Acqua Santa: Edificata nel XX secolo, situata nella frazione Foggiano.

Architetture militari[modifica | modifica wikitesto]

Castello[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: castello di Melfi.

Edificato dai normanni, è uno dei più noti della Basilicata e uno dei castelli medievali più rappresentativi del meridione. Roberto il Guiscardo vi confinò la prima moglie Alberada, ripudiata per sposare Sichelgaita di Salerno. Federico II promulgò qui le Costituzioni di Melfi. Con l'avvento degli angioini il castello subì radicali restaurazioni e fu nominato nel 1284 residenza ufficiale della moglie di Carlo II d'Angiò, Maria d'Ungheria.[44] Gli Aragonesi affidarono il castello prima alla famiglia Caracciolo e poi al principe Andrea Doria, i cui discendenti lo mantennero fino al 1950.[45]

Parte della cinta muraria

Cinta Muraria[modifica | modifica wikitesto]

Il centro storico di Melfi è interamente circondato da mura turrite costruite per lo più dai Normanni che si estendono per oltre quattro chilometri.[46] Il circuito segue l'orlo del pianoro su cui fu costruita la città, cinto da ogni parte da scoscendimenti, a tratti da veri e propri precipizi. L'opera costituisce un raro esempio di fortificazione nel sud Italia.[47] Le fasi costruttive della cinta muraria appartengono al periodo bizantino, normanno, svevo e aragonese. Gli ultimi ad apportare modifiche strutturali furono Niccolò Acciaiuoli nel trecento e Sergianni II Giovanni Caracciolo, 2º Duca di Melfi, nel quattrocento, a cui risale la sistemazione attuale, per difendere la città dalle artiglierie nemiche. Assedi e terremoti hanno reso necessari continui restauri e il sisma del 1930 ne ha seriamente compromesso la struttura.

Porta Venosina

Porte[modifica | modifica wikitesto]

  • Porta Venosina: È una delle sei porte cittadine ubicate nella cinta muraria, sebbene tre di queste (Porta del Bagno, Porta SS. Maria e Porta Sant'Antolino), a causa di terremoti e saccheggi, non esistano più. Risalente all'epoca sveva, è l'unica ancora in buono stato e fu realizzata sull'antico tracciato verso Venosa e la via Appia. Alla destra dell'ingresso è osservabile lo stemma di Melfi e, a sinistra, quello dei Caracciolo che restaurarono le mura sul finire del Quattrocento. Federico II vi fece apporre una lapide che decantava la gloria e la grandezza della città,[48] sostituita più tardi da Sergianni II Giovanni Caracciolo, 2º Duca di Melfi, con quella ancor oggi visibile, anche se illeggibile. L'arco ogivale è di origine sveva, mentre la torre cilindrica fu aggiunta nel Quattrocento da Caracciolo.
  • Porta Troiana: Fu costruita nel XV secolo, per volere di Troiano Caracciolo, 1º Duca di Melfi, da cui essa prese il nome. Di questa opera sono rimasti solamente i ruderi.
  • Porta Calcinaia: Era la porta più vicina al castello. Conduceva dalla zona artigianale, dove si produceva calce e argilla (da cui il nome), al centro storico e all'attuale Via Normanni, che tuttora porta al Castello. Anche di questo varco resta solo qualche testimonianza.