Niscemi

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Niscemi
comune
Niscemi – Stemma Niscemi – Bandiera
   
Niscemi – Veduta
Localizzazione
Stato Italia Italia
Regione Coat of arms of Sicily.svg Sicilia
Provincia Provincia di Caltanissetta-Stemma.png Caltanissetta
Amministrazione
Sindaco Francesco La Rosa[1] dal 21/05/2012
Territorio
Coordinate 37°09′00″N 14°23′00″ECoordinate37°09′00″N 14°23′00″E (Mappa)
Altitudine 332 m s.l.m.
Superficie 96,82 km²
Abitanti 28 027[2] (01/01/2015)
Densità 289,48 ab./km²
Comuni confinanti Caltagirone (CT), Gela,Mazzarino
Altre informazioni
Cod. postale 93015
Prefisso 0933
Fuso orario UTC+1
CodiceISTAT 085013
Cod. catastale F899
Targa CL
Cl. sismica zona 2 (sismicità media)
Cl. climatica zona C, 1 164 GG[3]
Nome abitanti niscemesi,santamarioti[senza fonte]
Patrono Maria SS. del Bosco
Giorno festivo seconda domenica d'agosto
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Niscemi
Niscemi
Posizione del comune di Niscemi nella Città metropolitana di Catania
Posizione del comune di Niscemi nella Città metropolitana di Catania
Sito istituzionale

Niscemi è un comune italiano di 28.027 abitanti[2] del libero Consorzio coCaltanissetta[4] in Sicilia.

 

 

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

Il centro abitato è situato su un altopiano posto a 332 metri dal livello del mare. Il comune ha una superficie di 9.654 ettari per una densità abitativa di 293 abitanti per chilometro quadrato. Niscemi è situata su una collina rientrata nella parte dei Monti Erei e alle pendici degli Iblei, con un panorama occidentale sulla vallata del fiume Maroglio e la Piana di Gela. Dista 77 km da Caltanissetta, 92 km da Catania, 67 km da Enna, 188 km da Messina, 192 km da Palermo, 60 km da Ragusa, 127 km da Siracusa e 298 km daTrapani.

Il territorio di Niscemi si inserisce in un contesto geologico caratterizzato da colline argillose mioceniche, ricoperte da un ampio mantello di sabbie plioceniche, tufi calcarei e conglomerati[5].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Toponimo[modifica | modifica wikitesto]

Sull'origine del nome sono state formulate varie ipotesi. Secondo alcuni documenti il nome del feudo su cui fu costruito il borgo ha sempre avuto nome Niscemi: in alcuni documenti antichi, tale nome è riportato in latino come Nixenum[6], ma fu anche chiamatoNixima e successivamente Niscimi. Secondo questa teoria il nome è di derivazione araba ed è dato dalla composizione di Ni che è quasi certamente la contrazione dell'arabo beni che vuol dire uomini e scemi che significherebbe siriani: in virtù di queste considerazione Niscemi potrebbe significare Uomini Siriani o Gente Siriana[7]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

La presenza di insediamenti umani nel territorio di Niscemi, risale all'epoca neolitica, in particolare tra il III ed il II millennio a.C., come testimoniano dalla presenza di numerose tombe a forno scavate nella roccia[8].

Tracce attribuibili alla cultura sicana risalgono, invece, ad un periodo risalente alla prima età dei metalli. Si trattava, principalmente, di piccoli villaggi che vivevano di caccia e agricoltura e che vivevano in capanne di paglia. Durante questo periodo erano diffuse l'industria litica, ceramica e quella relativa alla produzione di utensili di uso quotidiano.

Successive testimonianze di insediamenti nel territorio di Niscemi si possono ricostruire grazie alla presenza delle necropoli con le tombe a tholos e a forno nel periodo castellucciano, risalenti al XIII secolo a.C. durante la tarda età del bronzo. A conferma di ciò, un passo del secondo volume del Dizionario Topografico della Sicilia, redatto da Vito Amico, riporta: «sia nei fianchi che nelle falde del colle occorrono sepolcri anche per corpi giganteschi, monete di ogni metallo, vasi, lucerne, ampolle, e più di un pavimento saccheggiato coll'epigrafe Alba si è rinvenuto[9]». Durante questo secolo i villaggi castellucciani si trasformarono progressivamente in insediamenti fortificati, probabilmente a causa dell'avvento dei siculi, che costrinsero gran parte delle popolazioni più pacifiche a spostarsi verso territori più tranquilli.

A partire dal VII secolo a.C., successivamente all'insediamento dei coloni rodio-cretesi nel territorio di Gela, le campagne del territorio niscemese furono occupate per poter essere coltivate intensamente[10]: sorsero numerose fattorie, i terreni furono lottizzati e le risorse naturali sfruttate al massimo. Tuttavia, a partire dal V secolo a.C., in seguito alla seconda invasione cartaginese, la relativa tranquillità degli insediamenti nel territorio di Niscemi, fu sconvolta e molti abitanti furono costretti a fuggire e ad abbandonare le loro fattorie.

Nel III secolo d.C. la vasta plaga, situata circa ad un chilometro ad occidente del centro abitato odierno, compresa tra il fiume Achates ed il fiume Gela, fu assegnata al patrizio Calvisio e prese il nome di Plaga Calvisiana[11]. Sorse un fiorente villaggio che sopravvisse fino al IX secolo d.C., quando gli arabi lo distrussero definitivamente.

Successivamente gli arabi costruirono un borgo fortificato sulla collina dove sorge l'attuale centro abitato e vi diedero il nome Fata-nascim (passo dell'olmo), accorciato in un successivo momento in Nasciam. Durante l'occupazione araba il regime della proprietà fondiaria ed i sistemi di coltivazione della terra cambiarono radicalmente: i vasti latifondi furono suddivisi in piccoli lotti, eccetto per le proprietà demaniali, la coltivazione dei cereali e la pastorizia furono ristrette solo ai terreni adatti, si provvedette alla ripopolazione del manto boschivo, si intensificò la produzione di olio e si introdussero le coltivazioni di carrubbo, gelso, pistacchio e nocciolo. Nella metà del XIII secolo, tuttavia, a causa delle lotte interne tra musulmani e normanni, la cittadina fu completamente distrutta e i suoi abitanti furono costretti a fuggire in cerca di un luogo più sicuro dove vivere.

A seguito della conquista normanna, il nome della città divenne, con diploma del 1143Nixenum. Diventato un feudo rustico il territorio subì radicali mutamenti fin quando, nel1324, un ramo della famiglia Branciforte, si trasferì da Piacenza in Sicilia (XIII secolo) e comprò la terra di Nixenum.

Ma la tradizione fa risalire la nascita del paese al racconto che nel 1599, Andrea Armao, un pastore del bosco di Santa Maria (che divenne poi il nome della città), avesse smarrito un bue, di nome Portagioia, e, dopo averlo cercato invano nella boscaglia, lo trovò chino davanti a una fonte di acqua dove vi era l'immagine di una Madonna, secondo la leggenda dipinta da mani angeliche su una tela di seta[5][9][12]. Lì venne costruita una chiesa che rappresentò il centro del piccolo nucleo di abitazioni. Anche in tempi attuali, nonostante la posizione in periferia, la chiesa ricopre una notevole importanza simbolica per gli abitanti di Niscemi.

Nel 1626 donna Giovanna Branciforte, vedova del nobile Giovanni Branciforte e Barrese (+1623), a nome del figlio Giuseppe (1619 -1675), prese possesso della baronia di Niscemi. Due anni dopo, per far conferire i titoli nobiliari al figlio chiese ed ottenne dal cardinale Giovanni Doria la licentia populandi del feudo di Niscemi. La neonata baronia di Niscemi era costituita da quattro feudi, anche se taluna documentazione ne riporta l'esistenza di quattordici[5]. Il centro del borgo fu scelto vicino al bosco di Castellana, ove la leggenda narrava del ritrovamento del quadro della Madonna. Le strutture pre-esistenti, a causa delle precarie condizioni economiche, non furono distrutte, ma riutilizzate. Non fu costruito un castello, ma si scelse di adoperare, come avamposto di difesa, una torretta sita in contrada Castellana.

Nel 1640 Giuseppe Branciforte e Branciforte decise di dare un nuovo assetto urbanistico al borgo, disegnando una nuova planimetria secondo le pratiche urbanistiche del tempo, che prevedevano la presenza di una piazza centrale in cui emergeva la Chiesa Madre.

Nel 1693 il terremoto del Val di Noto, che distrusse buona parte della Sicilia orientale, danneggiò buona parte del borgo di Niscemi, pur non provocando vittime. Si rese necessaria la ricostruzione di gran parte dell'abitato, tuttavia la planimetria non mutò, ma le principali chiese furono ricostruite nel luogo originale di edificazione.

Età contemporanea[modifica | modifica wikitesto]

Il 19 marzo 1790 le terre a sud del centro abitato furono sconvolte da un rivolgimento tellurico di proporzioni paurose, caratterizzato da aperture della terra e dall'emissione di calore ed emissioni nauseabonde[13]. Sorse, inoltre, un piccolo cono vulcanico che emetteva vapore e calore. Lo sconvolgimento, tra lo spavento della popolazione, durò per otto giorni consecutivi[14].

Il 10 ottobre 1838 Re Ferdinando II, con tutto il suo seguito, passò da Niscemi, lamentandosi con l'amministrazione della città per il pessimo stato delle strade. Il 12 gennaio 1848la città prese parte all'insurrezione popolare contro il governatore borbonico[15] e il 24 maggio 1860 aderì alla rivoluzione garibaldina. La sera del 26 luglio 1860 i soldati garibaldini furono ospitati presso la Chiesa di Sant'Antonio da Padova e, nella stessa chiesa, si votò, il 21 ottobre dello stesso anno il plebiscito che sancì l'annessione della Sicilia all'Italia[16].

Successivamente all'unità d'Italia il paese fu scosso da violenze, furti e rapine a danno principalmente di nobili: la banda, a cui capo vi era Salvatore Di Benedetto, soprannominato Parachiazza, imperversò nelle campagne per diversi anni, finché fu definitivamente sgominata. Il figlio di Parachiazza, Matteo Di Benedetto, uccise nel 1864Salvatore Masaracchio, all'epoca dei fatti sindaco di Niscemi.

Nel 1891 un gruppo di giovani intellettuali niscemesi fondò il Fascio dei Lavoratori, secondo in tutta la Sicilia, dopo quello di Catania. Di ispirazione socialista, consentì ai contadini di ottenere, nel 1897, la lottizzazione e l'assegnamento delle terre demaniali ex feudali.

Nel 1922, subito dopo l'instaurazione del regime fascista, il militante socialista Salvatore Noto fu assassinato nella piazza principale del paese da squadristi fascisti.

Tra le due guerre mondiali Niscemi fu caratterizzata da un nuovo periodo turbolento, caratterizzato da rapine, scassinamenti e violenze varie, causate principalmente dalla miseria e dalla disoccupazione[17]. Molti lavoratori si organizzarono in associazioni e lottarono per la concessione delle terre incolte. Gli stessi fenomeni si verificarono anche dopo la seconda guerra mondiale: nel 1946 una manifestazione popolare, a cui parteciparono più di quattromila lavoratori, degenerò in violenze e saccheggiamenti. Le proteste dei lavoratori si concluserò nel 1951, quando gran parte dei lavoratori, preferirono emigrare in cerca di lavoro.

Negli anni quaranta del XX secolo imperversò il banditismo nel territorio e prese piede la cosiddetta Banda dei Niscemesi, con velleità autonomiste, i cui capi erano Rosario Avila e Salvatore Rizzo. Rosario Avila fu trovato morto nel 1946, dopo che su di lui era stata messa una taglia. Con la sua morte l'intera banda si disgregò e tutti i suoi componenti furono tutti catturati o uccisi.

Il 12 ottobre 1997 si verificò un evento franoso[18]. La frana non causò vittime ma provocò il danneggiamento di decine di edifici e lo sfollamento di 117 famiglie[19] del quartiere Sante Croci della città. Complessivamente rimasero senzatetto circa cinquecento persone. Risultò particolarmente danneggiata la Chiesa delle Sante Croci che, successivamente, fu demolita[20]. Gran parte delle case che furono danneggiate erano state costruite abusivamente nel corso degli anni sessanta. Solo dopo quattordici anni dall'evento, nel 2011, le famiglie colpite sono state risarcite del danno subito[21]. Nello stesso anno, inoltre, sono stati definitivamente abbattutti tutti i ruderi delle abitazioni inagibili.

Tra gli anni ottanta e gli anni novanta, la città è stata soggetta ad una escalation di problemi di legalità, che hanno causato, nel 1992[22] e nel 2003[23], il commissariamento della giunta comunale per condizionamento mafioso.

Dal 1991 è in funzione, in contrada Ulmo, un centro di trasmissioni radio navali degli USA costituito da 41 antenne, dipendenti dalla base aera di Sigonella[24]. Nello stesso sito, nel gennaio del 2014, sono stati portati a termine i lavori per la costruzione del sistema di comunicazione satellitare del MUOS[25][26]. Il MUOS è un sistema ad alta frequenza utilizzato per le telecomunicazioni militari. Secondo un report effettuato nel 2011 dal professor Massimo Zucchetti, docente del Politecnico di Torino, l'attivazione del MUOSpotrebbe provocare, a causa del campo elettromagnetico emanato dall'impianto, danni alla salute (come tumori e leucemie), all'ambiente (per la costruzione del sistema è stato profondamente modificato il paesaggio naturale della Riserva naturale orientata Sughereta) ed al traffico aereo (per interferenze di onde elettromagnetiche)[27].

Il 21 settembre 2014, a seguito di un referendum confermativo, la popolazione di Niscemi ha votato a favore del distacco dal Libero Consorzio dei Comuni di Caltanissetta e dell'adesione al Libero Consorzio Comunale di Catania[28]. In seguito alla delibera del consiglio comunale di giorno 26 ottobre 2015 Niscemi aderisce alla Città metropolitana di Catania[29][30][31][32][33], adesione che dovrà essere confermata da un voto dell'ARS.

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Centro storico[modifica | modifica wikitesto]

Piazza Vittorio Emanuele III

Il centro storico risale alla seconda metà del XVII secolo. La piazza Vittorio Emanuele III[34] ha forma rettangolare e su di essa si affacciano la Chiesa Santa Maria d'Itria e la Chiesa dell'Addolorata, oltre che il Palazzo di Città.

Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto]

  • Chiesa Santa Maria D'Itria, sorge in piazza Vittorio Emanuele III. Ricostruita dopo il terremoto del 1693 a partire dal 1742 con il contributo della popolazione e sotto la direzione dell'architetto messinese Giuseppe La Rosa, è una chiesa a croce latina con tiburio centrale, presenta quattro nicchie laterali con le statue degli evangelisti Giovanni e Marco e gli apostoli Pietro e Paolo. La facciata è incompleta nel fastigio terminale. Gli interni furono decorati tra il 1863 e il 1864[16][35].
  • Chiesa dell'Addolorata, fondata nel 1753, sul sito di una rusticana aedicula, ad opera dell'architetto calatino Silvestro Giugliara. La sua architettura si sviluppa intorno ad uno spazio centrale a forma di ottagono allungata a navata unica con portale ad arco. All'esterno esibisce un raffinato prospetti settecentesco della Sicilia barocca. La facciata presenta una convessità rimarcata dalle quattro lesene, concluso dal profilo ondulato del coronamento della cella campanaria raccordata alla fabbrica da eleganti volute. Una mostra in pietra incornicia il portale d’ingresso e la finestra sovrastante. Sotto il livello del pavimento si apre una cripta con un altare, gli essiccatori, ossai e sepolture riservati in passato ai confrati e alle consorelle del SS. Crocifisso[16][35].
  • Chiesa di Sant'Antonio da Padova, ricostruita anch'essa dopo il terremoto, a partire dal 1746, fu restaurata nel XX secolo. È una chiesa a navata unica, a pianta rettangolare, con campanile a torre (posto insolitamente nel lato posteriore dell'edificio) e sagrestia addossata. La facciata è in intonaco liscio, con fastigio terminale in forma di piccolo frontone triangolare. Il portale in conci di pietra è decorato a bassorilievo. Un imponente organo fu installato nel 1810 su un soppalco costruito sopra il portone di ingresso[16][35].
  • Chiesa Maria SS. della Grazia, edificata nel 1773, sorge ad ovest di piazza Vittorio Emanuele III e fu salvata dall'abbandono nel 1947. Fu edificata sui resti di una primitiva chiesetta rustica della Niscemi feudale per volontà del barone Iacona con il consenso del principe Ercole Michele Branciforte. La facciata fu completata nel XIX secolo ed è ripartita in tre ordini, di cui l'ultimo accoglie la cella campanaria ed il secondo un'edicola con la statua di San Gaetano. L'interno è ad un'unica navata, con volte a botte e ricca decorazione a fresco tipicamente barocca. Ci si riferisce ad essa, pur inappropriatamente, come Chiesa di Santa Lucia.
  • Santuario Maria SS. del Bosco, sorge su resti di una piccola cappella distrutta dal terremoto[36]. Fu edificato tra il 1749 ed il 1758 sotto la direzione del capomastro e architetto Silvestro Gugliara. La chiesa è ad una sola navata con pianta ellittica allungata, la facciata è in stile barocco e presenta un'equilibrata compostezza e sobrietà nelle decorazioni. La chiesa conserva in una piccola nicchia le pietre costituite da due candelieri e dalla base che sosteneva la croce, rinvenute, secondo la tradizione, nel 1599 in occasione del rinvenimento del quadro della Madonna. L'altare maggiore raffigura angeli che, guidati dalla mano di Dio, reggono il sacro dipinto della Madonna nel gesto di portarlo verso la fonte del ritrovamento. Dietro la pala, una nicchia custodisce una copa del quadro, opera di un monaco di Caltagirone, perché l'opera originale si perse in occasione di un incendio verificatosi nel 1769 mentre si trovava presso la chiesa Santa Maria d'Itria. I due altari laterali sono dedicati a San Benedetto e San Giovanni Nepomuceno. La cripta sottostante conserva il pozzetto con la vena d'acqua in cui, si narra, venne trovato il sacro velo con l'immagine della Madonna: indicata comeCappella dell'acqua Santa[36], dal 1998 è anche battistero.
  • Chiesa di San Giuseppe, costruita grazie alla contribuzione volontaria di tutta la popolazione, con pietra e calce ricavate dalle cave locali. La facciata è semplice, ad un solo ordine e presenta una eleganza sobria. La pianta è rettangolare ad una sola navata. Rimasta a lungo trascurata, nel 1986 don Giuseppe Giugno, con la contribuzione volontaria di numerosi cittadini ne avviò i lavori di ristrutturazione[16][35].
  • Chiesa Anime del Purgatorio, realizzata tramite una cospicua donazione da parte della signora Gaetana Cona, presenta una pianta a forma di grossa tartaruga disposta in direzione ovest-nord-ovest. Il tetto poggia su archi a pieno sesto sorretti da otto colonne singole in stile toscano con basamento e plinto posti a perfetto cerchio all'interno dell'unica navata circolare[16].
  • Chiesa Sante Croci, edificata sul luogo in cui sorgeva in precedenza una piccola cappella senza altare, fu dotata di un piccolo cimitero. Restò lesionata dallo sconvolgimento tellurico che colpì Niscemi nel 1790. La frana dell'ottobre del 1997 lesionò gravemente l'immobile in maniera tale da richiederne la demolizione, avvenuta pochi anni dopo. L'altare maggiore è dedicato al Crocifisso ed era realizzato in marmo bianco con disegni a rilievo in stile barocco e intarsi in marmi colorati. Gli altri due altari erano rispettivamente dedicati a Sant’Alfonso dei Liquori ed a Santa Rita da Cace[20].
  • Chiesetta Madonna dello Spasimo, situata all'entrata meridionale del paese venne fondata con il contributo generoso e l'impegno attivo di diverse persone. La facciata delle chiesetta è molto semplice, ma armoniosa e movimentata, racchiusa dalle paraste laterali che contengono il portale centrale in pietra locale ben lavorata con arco a tutto sesto[16].
  • Chiesa San Francesco, costruita tra il 1732 ed il 1739, è caratterizzata da un'unica aula con volta a botte ed un presbiterio a crociera[37].
  • Chiesa San Giuseppe d'Atanasio, realizzata nel 1915, in contrada Pilacane, è caratterizzata da un severo stile neoclassico in cotto[5]. Si trova a circa due chilometri dal centro abitato di Niscemi.
  • Convento di San Francesco, oggi sede dell'ospedale civile, conserva il chiostro originale a pianta quadrilatera, un pozzo centrale ed è caratterizzato dalla presenza di una successione di arcate sorrette da colonne di ordine ionico[38].

Architetture civili[modifica | modifica wikitesto]

  • Palazzo di Città, costruito su di un precedente fabbricato adibito a Cancelleria comunale, fu progettato dall'architetto Rosario Crescimone e realizzato dai fratelli Barbagallo. Si presenta come un blocco compatto e ben definito, sobrio ed equilibrato è dotato di un portico a tre arcate. Tutte le decorazioni del prospetto sono state realizzate in pietra di Pilacane[16].
  • Palazzo Branciforte, costruito nel 1824 è il più antico edificio civile sopravvissuto. Fu fatto realizzare da Margherita Branciforte, duchessa di Mondragone, giunta a Niscemi nel 1821[39]. È ben definito, caratterizzato da paraste angolari ed a muri perimetrali lisci in pietrame informe[16][34].
  • Palazzo Masaracchio, edificato nel 1840, sito nell'attuale via Regina Margherita, un tempo via Sante Croci. È caratterizzato da una facciata scandita da un ordine unico di paraste su alti plinti, balconi sorretti da mensoloni con decorazione fitomorfa e un fregio sul portone di ingresso[34].
  • Palazzo Malerba, sito nella stessa via di Palazzo Masaracchio ed edificato pochi anni prima, nel 1835. Oggi è presente solo la facciata settentrionale, in quanto la parte dell'edificio che sporgeva su Via Regina Margherita, fu demolita nel 1966 per realizzare un parcheggio[34].

Sono presenti altri edifici storici di rilevanza culturale.

  • Palazzo Iacona-Giardini
  • Palazzo Romano
  • Palazzo Camiolo
  • Palazzo Iacona-Castronovo
  • Palazzo Iacona-Gallo
  • Palazzo Saita (via Garibaldi)
  • Palazzo della Pretura
  • Palazzo Preti
  • Palazzo Runza
  • Palazzo Malerba (via IV novembre)
  • Palazzo Vacirca
  • Palazzo Saita (piazza Vittorio Emanuele III)
  • Palazzo Samperi
  • Palazzo Masaracchio (piazza Vittorio Emanuele III)
  • Palazzo Gagliano (piazza Vittorio Emanuele III)
  • Palazzo Le Moli (via Le Moli)
  • Palazzo Gagliano (via Gagliano)
  • Palazzo Cavalieri
  • Palazzo Tinnirello
  • Villa Vacirca
  • Villa Camiolo
  • Villa Iacona-Gallo
  • Palazzo Conti
  • Casa Guariglia
  • Palazzo Preti - Buscemi (via Regina Margherita)
  • Palazzo Malerba (via Buonarroti)
  • Palazzo La Rosa
  • Palazzo Spinello
  • Palazzo Polizzi (via Samperi)
  • Palazzo Costa
  • Palazzo Buscemi (via XX settembre)
  • Palazzo Polizzi (via XX settembre)
  • Palazzo Fragale (via XX settembre)
  • Palazzo Fragale (via Rossini)
  • Palazzo Crescimone (via Umberto I)
  • Palazzo Galasso
  • Palazzo Buscemi (via Popolo)
  • Palazzo Crescimone (via Umberto)
  • Villa Samperi
  • Casina Samperi
  • Villa Gualato
  • Palazzo Disca
  • Casa Iacona
  • Casa Stizza
  • Casa Malerba
  • Casa Masaracchio
  • Casa Romano
  • Villa Gioconda
  • Villa Fragale
  • Fontana Madonna SS. del Bosco

Belvedere[modifica | modifica wikitesto]

Panorama dal Belvedere

Il Belvedere (anticamente Tunnu) è una terrazza panoramica, costruita nel 1803[7], che offre una magnifica vista sulla piana di Gela e sulla vallata del fiume Maroglio. È uno dei più bei panorami della Sicilia. Fu costruito in stile barocco, all'inizio del XIX secolo, ed è a forma rotondeggiante contornata da ringhiera e panche in ferro battuto. Rappresenta la meta finale della passeggiata nel centro storico. Fu ricostruito nel 1921 a seguito delle lesioni riportate nel corso di uno smottamento[16].

Scalinata del viale Angelo D'Arrigo

Nella zona sottostante al belvedere è stato recentemente costruito un viale dedicato all'aviatore italiano Angelo D'Arrigo che offre sempre più una vista panoramica sulla piana di Gela.

Siti archeologici[modifica | modifica wikitesto]

In contrada Pitrusa, alle pendici di Niscemi, si trova un sito archeologico di epoca tardo antica. Sono stati ritrovati i bolli su anfora dei Praedia Galbana , poderi che appartenevano allo stato e che al loro interno erano stanziati magazzini annonari. Rimangono odiernamente i resti di una Mansio, ovvero una stazione di sosta (età imperiale), gestita dallo Stato per i viaggiatori. Accanto alla mansio sorgeva una stazione per il cambio dei cavalli. Si pensa esistesse un'antica strada, che portava alla contrada Piano Camera, altra zona archeologica. I recenti scavi archeologici hanno riportato alla luce un complesso termale, sempre in contrada Petrusa. Secondo gli archeologi sono ben visibili e riconoscibili il calidarium (parte delle terme destinate ai bagni caldi o ai bagni di vapore) con il forno di combustione, un vasto vano ditepidarium (parte delle terme destinate ai bagni tiepidi) e le suspensura (pilastri a base quadrata che fungevano da sostegno al pavimento) che spargeva il calore sotto il pavimento, potendo riscaldare così l'acqua.

Sono presenti anche siti archeologici risalenti all'epoca arcaico-classica, tra l'ottavo ed il quinto secolo a.C., nelle contrade Castellana, Arcia e Iacolano, dove sono state rinvenute ceramiche che lasciano intuire la presenza di insediamenti umani dediti allo sfruttamento agricolo del territorio, reso possibile anche dalla presenza del vicino fiume Maroglio. Testimonianze di arcaiche forme di culto religioso sono state, invece, riscontrate a Pisciotto e Valle Madoni, oltre che nella stessa contrada Arcia, dove sono stati rinvenuti resti di antiche necropoli. Secondo molti studiosi, questi ultimi ritrovamenti fanno pensare che il territorio di Niscemi avesse raggiunto un buon livello di organizzazione urbanistica, caratterizzata sia dalla presenza di aree urbane che di aree extraurbane[40].

Aree naturali[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Riserva naturale orientata Sughereta di Niscemi.

A Niscemi è presente un'area naturale protetta della Regione Siciliana denominata Sughereta e riconosciuta di interesse comunitario dall'Unione europea[5]. La Riserva sorge a 330 m s.l.m., nella parte meridionale dell'altopiano su cui si colloca il centro abitato e costituisce e, assieme al Bosco di Santo Pietro di Caltagirone, il residuo di quella che un tempo era la più grande sughereta della Sicilia centro-meridionale.