Macerata

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Macerata
comune
Macerata – Stemma Macerata – Bandiera
Macerata – Veduta
Localizzazione
Stato Italia Italia
Regione Coat of arms of Marche.svg Marche
Provincia Provincia di Macerata-Stemma.png Macerata
Amministrazione
Sindaco Romano Carancini (Partito Democratico) dal 12/04/2010 (2º mandato)
Territorio
Coordinate 43°18′00.9″N13°27′11.89″ECoordinate43°18′00.9″N 13°27′11.89″E (Mappa)
Altitudine 315 m s.l.m.
Superficie 92,53 km²
Abitanti 42 568[1] (31-5-2015)
Densità 460,05 ab./km²
Frazioni Sforzacosta, Piediripa, Villa Potenza

Località: Madonna del Monte, Montanello, Pieve

Comuni confinanti AppignanoCorridonia,Montecassiano,MonteluponeMorrovalle,PollenzaRecanati,TolentinoTreia
Altre informazioni
Cod. postale 62100
Prefisso 0733
Fuso orario UTC+1
CodiceISTAT 043023
Cod. catastale E783
Targa MC
Cl. sismica zona 2 (sismicità media)
Cl. climatica zona D, 2 005 GG[2]
Nome abitanti maceratesi
Patrono san Giuliano l'ospitaliere
Giorno festivo 31 agosto
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Macerata
Macerata
Posizione del comune di Macerata nella provincia omonima
Posizione del comune di Macerata nella provincia omonima
Sito istituzionale

Macerata è un comune italiano di 42.568 abitanti[1], capoluogo dell'omonima provincia delle Marche.

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Sorge su di un colle a 313 metri s.l.m. tra la vallata del fiume Potenza a nord e quella del fiume Chienti a sud; è situata a 30 km a ovest del mare Adriatico e a circa 60 km dall'Appennino umbro-marchigiano.

Clima[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica di Macerata.

Il clima di Macerata è tipico dell'area collinare dell'interno delle Marche e presenta sia elementi mediterranei che elementi continentali. L'influenza del mare ha il suo peso, trovandosi Macerata a soli 30 km dalla costa, ma un ruolo maggiore nel determinare le condizioni climatiche cittadine va riconosciuto alla seppur modesta altitudine (315 m) e alla relativa prossimità dei rilievi appenninici. L'inverno è solitamente piuttosto freddo e abbastanza piovoso. Le nebbie sono tutt'altro che infrequenti e le nevicate, pur non verificandosi molto spesso, sono a volte assai intense e abbondanti (nel gennaio del 2005 caddero 80 cm in una settimana). Le maggiori precipitazioni nevose si hanno con irruzioni fredde dai vicini Balcani, ossia da est-nord-est. Ma anche perturbazioni da nord o nord-ovest sono in grado di causare cadute di neve, talvolta cospicue. Pure nel pieno dell'inverno non mancano periodi miti e soleggiati, che associati al garbino possono portare a massime intorno ai + 15 / + 20 °C.

Proprio il garbino è forse[senza fonte] il vento in grado di raggiungere le raffiche più violente in città, fin oltre i 100 km/h. Le stagioni intermedie sono in genere ricche di precipitazioni e piuttosto variabili. Nevicate e gelate tardive possono verificarsi fin nel mese di aprile, mentre in autunno non mancano né freddi precoci né scampoli d'estate. La stagione estiva va di norma da giugno a settembre ed è calda e piuttosto soleggiata. L'afa è assai meno intensa e frequente che sulla costa, ma non mancano periodi di caldo molto intenso, con massime che possono toccare e superare in qualche caso i + 40° (se spira il garbino). Anche le minime si mantengono elevate, specie in collina e nel centro della città. I temporali pomeridiano-serali, in genere provenienti dalle zone appenniniche, sono frequenti nelle parentesi estive caratterizzate da spiccata instabilità, le quali in genere diventano più intense e prolungate nel mese di agosto.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Helvia Recina.

Origini e primi secoli[modifica | modifica wikitesto]

Tra il III e il II sec. a.C. la zona dove oggi sorge la frazione di Villa Potenza fu colonizzata dai Romani, che la chiamarono Helvia Recina. I resti del teatro romano del II secolo d.C. dànno l'idea di una città di medie proporzioni, florida. La prima notizia certa dell'esistenza di Ricina risale al I secolo d.C. da parte di Plinio il Vecchio.[3] L'antica Ricina si trovava lungo la via Salaria Gallica; al tempo dell'alto Impero risalgono i monumenti più importanti, il teatro di 72 metri di diametro era a tre ordini di gradinate e poteva ospitare circa 2.000 spettatori[4], probabilmente era ricoperto di marmi (reimpiegati durante il Medioevo) con capitelli dorici e corinzi. Ancora bene riconoscibili sono: l'orchestra, la cavea e il frontescena in laterizio come prevedeva il teatro romano classico.

Un'antica strada lastricata, il ponte romano sul fiume Potenza e i resti di ville decorate con mosaici pavimentali, dànno l'idea dell'importanza del municipio di Ricina che Settimio Severo nel 205 elevò al rango di colonia e la ribattezzò col nome di Helvia Recina Pertinax, in onore del suo predecessore l'Imperatore Publio Elvio Pertinace. Durante il periodo dell'affermazione del cristianesimo, verso il III secolo, vi fu martirizzato il vescovo di Helvia Recina, Flaviano. Nel V o VI secolo le invasioni dei Goticostrinsero la maggior parte dei ricinesi a spostarsi sulle colline; nacque così il centro medievale di Macerata. Discussa è l'etimologia del nome: alcuni storici affermano che derivi dalle maceriae dell'antica Helvia Recina altri sostengono che derivi damacera parola latina che indica il luogo dove si pone a macerare il lino e la canapa per lavorare poi la fibra tessile. Per molti secoli la città fu divisa in due "poggi", l'uno indipendente, l'altro sotto il controllo dei vescovi di Fermo.

Nel 1138, dopo grandi lotte contro Fermo, Macerata ottiene la franchigia di libero comune. Il 29 agosto 1138 davanti alla pieve di San Giuliano i due poggi si unificarono ed il castello Castrum Maceratae dava il nome al nuovo comune, mentre il Podium Sancti Juliani (oggi sarebbe la zona della "cocolla" e parte delle "Fosse") portava la tradizione religiosa ed il suo protettore: San Giuliano. Con la nascita del comune libero di Macerata viene creato uno stemma con una macina su uno scudo rosso con sopra una corona regia. La macina era un simbolo mutuato dall'antica Helvia Recina e rappresentava l'operosità dei maceratesi ed anche una peculiarità del territorio, ricco di acque che servivano appunto all'alimentazione di molti mulini. Da ricordare che lo stemma cambiò nel 1570 quando venne aggiunta una croce greca rossa in campo bianco per concessione di papa Pio V, che era grato alla città per la partecipazione di alcuni suoi figli nella lotta contro i Turchi e per ricordare il concorso dei maceratesi alle crociate a partire dal 1188.

Nella lotta tra la Chiesa e l'Impero i maceratesi aderirono al partito ghibellino perché il re Enzo nel 1239 concesse al comune importanti privilegi sui castelli vicini. Successivamente la città passò al partito di parte guelfa e come ringraziamento il pontefice diede carta bianca per l'istituzione di una sede universitaria, (attività didattica iniziata il giorno della festa di San Luca del 1290, Giulioso da Montegranaro I docente); allo stesso momento questo cambiamento di fronte fece irritare i ghibellini che nel 1316attaccarono la città con un esercito capeggiato da Federico da Montefeltro, che però fu respinto. Dal punto di vista architettonico, si possono ricordare il Palazzo dei Priori ed il Palazzo del Podestà, entrambi costruiti, nel XIII secolo, da Bartolomeo di Bonfiglio da Forlì.

Il Trecento[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1320 il papa Giovanni XXII punì le città di Fermo e di Recanati, perché avevano partecipato alla lega ghibellina, togliendo alla prima il territorio e alla seconda la sede vescovile, che passò al comune di Macerata. Questo portò sia un aumento della popolazione, allora inferiore a quelle di Fermo, di San Severino Marche, di Ascoli Piceno e di altri comuni della Marchia, sia un aumento dell'importanza politica, grazie alla sua fedeltà alla Chiesa e grazie al fatto che venne scelta come residenza dei rettori e dei vicari dellaMarca anconitana[senza fonte]. Nel trecento si evidenzia la crisi del giovane regime comunale e si apre l'era delle Signorie. Macerata non fu estranea a tale cambiamento e intorno alla metà degli anni venti del secolo la famiglia Molucci, di fede guelfa, divenne signora della città.

Tale signoria durò fino alla metà del secolo, cioè fino a quando il Papa, dalla sua sede di Avignone, diede mandato al cardinale Egidio Albornoz di riprendere con la forza il potere nella Marca anconitana. La città passò poi alla signoria dei Da Varano di Camerino, la cui spregiudicatezza nelle alleanze portò non pochi guai alla cittadina, che infatti fu attaccata nel 1377 dalle truppe del conte Lucio di Landau, che però dovette ritirarsi. In questi anni furono costruite diverse chiese ed altre opere importanti per la città: Santa Maria della Porta (anche se la parte più antica risale agli anni 990-1000), che la confraternita dei flagellati imbellì con un portale in stile gotico in cotto, San Francesco (1316), Santa Maria alla Pace (1323), edificata per celebrare la pace tra guelfi e ghibellini, e la casa del podestà (1373), costruita in Piazza del Mercato.

Il Quattrocento[modifica | modifica wikitesto]

Dopo anni di pace e benessere la città, come tutta la zona circostante, fu occupata da Francesco Sforza nel 1433 che le impose la sua Signoria, che terminò con una serie di battaglie, dal 1443 al 1445, che videro contrapposti gli Sforza da una parte e la Lega Santa, (costituita da papa Eugenio IV, dal duca di Milano e dal re di Napoli) dall'altra. Gli amministratori della città abilmente presero la palla al balzo e riuscirono ad ottenere l'istituzione permanente della Corte Generale de lo Rectore de Sancta Chiesa; questo volle dire che Macerata divenne ufficialmente capoluogo della Marca Anconitana con il suo cambiamento da città agricola a città politico-burocratica con grande incremento della popolazione (grande immigrazione di notai, magistrati, soldati ed ecclesiastici).

Questo portò anche a ripensare alle misure difensive; per tale motivo si decise di costruire una cinta muraria a "scarpa" (cioè inclinata verso l'esterno) che includesse all'interno la zona di Porta Mercato (piazza compresa) e la zona di Porta Montana; in più si decise di creare nuovi torrioni. La città cambiò assetto in pochi anni: a spese del vescovo, il forlivese Nicolò dall'Aste[5], venne ricostruita la Cattedrale (1459-1464) e furono ristrutturati il già ricordato Palazzo dei Priori e quello della Regione per adibirli a sede del Cardinale Legato, il 15 agosto 1477 si costruì in un solo giorno[senza fonte] la Chiesa Santa Maria della Misericordia, situata vicino al Duomo, definita dai maceratesi la "ciucarella", cioè la piccina. Dopo l'apparizione della Madonna ad una donna albanese fu costruita, fuori dalle mura, una chiesa denominata Santa Maria alla Fonte del Sabato; insieme ad essa fu costruito un piccolo ospedale e delle casette (odierno quartiere di Corso Cairoli) che potessero ospitare i malati e quelli che erano sospettati di avere la peste e che quindi erano espulsi dalla città. Alla fine del secolo si cominciò a costruire la Torre civica ma i lavori si bloccarono do

La piazza

Il Cinquecento[modifica | modifica wikitesto]

Questo è sicuramente il secolo d'oro per la città; infatti in tali anni a Macerata c'è una fiorente vita sia a livello politico-burocratico sia a livello economico. Nei primi anni del secolo c'era grande pericolo di invasione da parte dei Lanzichenecchi e di altre truppe straniere, così si decise di concludere i lavori alla cinta muraria con uno splendido esempio di sistema bastionato sangallese, che cingeva sia il Borgo Novo (Corso Garibaldi di oggi) sia il Borgo Vecchio (cioè Via Mozzi), tra Porta Montana e Porta Romana, con la costruzione di vari fortini penetrativi verso l'esterno, che permettevano una migliore difesa-offesa. Nei primi anni si decise di ristrutturare la piazza centrale; tali lavori furono affidati in parte a Cassiano da Fabriano, che realizzò la Loggia dei Mercanti, in parte all'architetto della Santa Casa di Loreto Lattanzio Ventura.

Questi ridisegnarono la forma della piazza, che divenne trapezoidale, abbatterono due chiese ed alcune case private, furono edificati il Palazzo Legatizio, il Palazzo allo Studio, quest'ultimo nuova sede universitaria (oggi sede del comune), si costruì un nuovo Palazzo comunale e ripresero i lavori per la costruzione della Torre civica, si ricostruì la Strada Grande (oggi Via Matteotti) e a fine secolo, vista la mancanza di spazio, si permise la costruzione di abitazioni fuori dalle mura e si ampliò il vecchio Borgo San Giuliano (chiamato oggi anche "Fosse", vista la sua notevole pendenza), si cominciò a costruire fuori porta Romana (oggi Corso Cavour) e soprattutto si rivitalizzò la zona creata nel secolo precedente per ospitare i malati di peste, cioè Borgo San Giovanni Battista (oggi Corso Cairoli). Gli abitanti di quella zona, chiamata fin d'allora "le casette", erano soprattutto contadini locali ed emigrati albanesimolto devoti al Cattolicesimo ma che venivano visti in maniera quasi ostile dagli altri abitanti della città[senza fonte].

L'edilizia privata vive un grande periodo; infatti vengono edificati: Palazzo Floriani (1531-1541), Palazzo Ciccolini (1546-1550), il così detto Palazzo dei Diamanti della famiglia Mozzi (1535), Palazzo Marchetti (1560), Palazzo Mozzi (1570), Palazzo Ciccotto Mozzi (1566). Anche per l'edilizia religiosa furono anni irripetibili con le seguenti costruzioni: la chiesa ed il monastero di Santa Croce (1503), la chiesa di Santa Maria delle Vergini (1550-1577), un'opera di Galasso Alghisi da Carpi, le chiese di San Liberato e San Rocco. Praticamente il secolo si conclude con una città completamente trasformata sia a livello edilizio che a livello urbanistico in senso stretto e soprattutto la città è in netta espansione.

Accademia dei Catenati[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Accademia dei Catenati.

Da ricordare che nel fervore culturale che vide nascere in Italia in questo secolo tante accademie culturali, il 2 luglio 1574 Gerolamo Zoppio - professore di poetica, retorica e filosofia morale nell'Università di Macerata, noto per i suoi studi su Dante e sul Petrarca - fonda l'Accademia dei Catenati che esiste tuttora. Essa prese il nome dalla "cathena d'oro distesa dal cielo in terra" che forma il suo stemma. L'Accademia venne istituita per "lo studio delle belle lettere, delle arti" e per il "ragionare delle scientifiche cose". Di essa hanno fatto parte personalità quali Giovanni Mario Crescimbeni, maceratese, fondatore e custode generale dell'Accademia dell'Arcadia, Torquato Tasso, Terenzio Mamiani, Niccolò Tommaseo, Antonio Rosmini, Massimo D'Azeglio e da ultimo Lino Liviabella, Maria Montessori, Vincenzo Cardarelli, Enrico Medi e Silvio Zavatti. A causa dei rivolgimenti politici e bellici della prima metà del Novecento, l'Accademia cessò per un breve periodo le sue attività, poi riprese negli anni Cinquanta grazie all'impegno di Ferdinando Lori, Mario Moretti e Dante Cecchi.

Il Seicento[modifica | modifica wikitesto]

Dopo un secolo d'oro venne un secolo buio. Il papa Clemente VIII, con la bolla De Bono Regimine, accentrò tutto il potere politico-amministrativo a Roma; questo portò alla città una riduzione del territorio da essa controllato, meno peso politico all'interno dello Stato della Chiesa, una regressione a livello economico e demografico. Sia l'edilizia privata che quella pubblica fecero una brusca frenata con alcune eccezioni come il riassetto della strada nuova (odierno Corso della Repubblica), la costruzione di Porton Pio alla fine del quartiere fuori Porta Romana, l'allargamento della strada che portava al colle di Santa Croce. Nonostante questo si edificarono nuove chiese, quella di San Paolo (1623-1655) e quella di San Giovanni (1600-1655), la chiesa dei Gesuiti.

Il Settecento[modifica | modifica wikitesto]

L'accentramento del potere si fece risentire, a distanza di anni, anche a livello di attaccamento al Governo pontificio. Infatti all'interno del ceto borghese, che negli anni si era formato e rinforzato, c'era chi ammirava le prime idee illuministiche che venivano dall'estero, combattute con molta foga dal clero. Tale secolo vide le famiglie nobili, frustrate per l'esclusione dalla vita politica, investire in costruzioni di case e ville lussuose da menzionarne alcune come quella dei conti Bonaccorsi, iniziata nel 1707 e finita nell'arco di 20 anni, Palazzo Asclepi-Salimbeni (1725), quello dei Compagnoni (1736), Palazzo Pellicani (1736) e grazie all'architetto Luigi Vanvitelli si deve Palazzo Torri (1738-1758), sempre di questi anni è l'atipico palazzo Costa (1756) mentre grazie a Giuseppe Valadier si devono l'originale Palazzo De Vico (1793) e il primo esempio di costruzione neoclassica a Macerata cioè Palazzo Ugolini (1793).

L'edilizia religiosa registrò la nascita della chiesa di San Filippo, totalmente barocca, grazie all'architetto romano Giovan Battista Contini, venne ristrutturato il duomo e costruita San Giorgio (1792-1798). Tra il 1767 e il 1774 viene realizzato all'interno del palazzo comunale, affacciato sulla piazza maggiore, il tuttora esistente teatro tardobarocco su pianta a campana, oggi chiamato Lauro Rossi in onore del compositore maceratese vissuto nel secolo successivo; il progetto inviato allo scopo dal rinomato specialista Antonio Galli da Bibbiena venne ridotto alle giuste dimensioni del sito disponibile dall'architetto camerale Cosimo Morelli da Imola.

Il secolo si chiuse con l'arrivo dell'esercito napoleonico, che era sceso in Italia ed aveva occupato anche le Marche; l'evento portò grande entusiasmo tra i borghesi e tra alcuni popolani, perché vedevano concretizzate le loro idee di giustizia e di libertà; la città fu aggregata alla Repubblica Romana nel 1798 con il grado di capoluogo delMusone[senza fonte]. Dopo alcuni momenti, vista anche la soppressione degli ordini religiosi e la forte pressione fiscale, l'entusiasmo si trasformò in un forte sentimento di reazione, che nel 1799 sfociò in un duro moto che costrinse le truppe napoleoniche a fuggire dalla città. Queste però tornarono più forti di prima e dopo cinque giorni di battaglia, il 5 luglio, riuscirono a fare una breccia e ad entrare dandosi al saccheggio, alla profanazione di chiese e all'assassinio di circa 360 persone[senza fonte], di cui molte di classi disagiate che abitavano nei quartieri fuori le mura, come le "Fosse" e le "Casette", perché visti come i probabili responsabili dei moti.

L'Ottocento[modifica | modifica wikitesto]

Le cannonate francesi, oltre ai morti, provocarono gravi danni a Porta Romana, per cui si decise di sostituire la porta con una cancellata in ghisa; da quel giorno la zona fu chiamata "i cancelli". Costituitosi il Regno Italico venne elevata al rango di capoluogo del dipartimento del Musone (1808-1814). Nel maggio del 1815 vide lo sbandamento delle truppe di Gioacchino Murat, battute dagli austriaci nella battaglia di Tolentino. Nel 1817 a Macerata c'è la prima insurrezione italiana di stampo carbonaro[6], infatti grazie all'adesione di alcuni reduci delle armate napoleoniche e murattiane si organizzò a Macerata una "vendita massonica", che aderì come detto alla carboneria. Nella notte tra il 24 e il 25 giugno 1817, un gruppo di rivoluzionari maceratesi aspettavano rinforzi e armi dai rivoluzionari anconetani, come concordato, ma per qualche motivo non ricevettero né armi, né rinforzi. Decisero comunque di agire in qualche modo sparando due colpi di fucile contro la porta dei "Cappuccini Vecchi" (oggi Santo Stefano); nessuno fu ferito e alcuni congiurati, catturati e condannati alla pena capitale, furono infine graziati e la pena commutata in reclusione.

Il pur goffo tentativo, subito represso dalle autorità, rappresentò la voglia di libertà e la presa di coscienza dei propri diritti da parte della popolazione. Nel 1832 l'ingegner Innocenzi e l'architetto Aleandri costruirono lo Sferisterio, che serviva da stadio per il gioco del bracciale e altre attività; tale opera, occorre ricordarlo, fu incastonata perfettamente tra Piazza Mercato, il quartiere le "casette" e la "cocolla"; per costruirla venne abbattuta la Porta Mercato, poi riedificata. Molti maceratesi presero parte nell'Ottocento alle campagne per l'indipendenza dell'Italia. Nel gennaio del 1849 Giuseppe Garibaldi soggiornò a Macerata per costruire la legione maceratese, che a Romaprovò invano a salvare la Repubblica Romana, e che rifulse per valore nella battaglia di Porta San Pancrazio; su una lapide nel palazzo comunale è riprodotta la lettera che Garibaldi diresse ai Maceratesi. Lo stesso Giuseppe Garibaldi fu eletto a Macerata come deputato alla costituente della sopracitata neonata repubblica.[7]

Dopo la battaglia di Castelfidardo, che vide l'esercito del pontefice sconfitto da quello dei Savoia, a Macerata venne istituita una giunta provvisoria di governo (20 settembre 1860) avente l'obiettivo di guidare la città fino al successivo plebiscito del 4 novembre 1860, che portò le Marche ad annettersi al neonato Regno d'Italia. Macerata, tuttavia, forse perché era stata da molto fedele al potere dei Papi, o forse perché fino ad allora aveva sempre tenuto in mano i poteri politici-amministrativi regionali, venne punita. Infatti l'università perse tre facoltà, passate ad Ancona, il Comando militare, anch'esso passato ai dorici e la Corte d'appello del tribunale. Chiaramente questo creò non pochi disagi alla città, che perse di colpo un prestigio esercitato in un piccolo stato e si ritrovò ad essere una piccola città in un grande Stato. In questo secolo così travagliato occorre ricordare che in città fu costruito il nuovo manicomio in stile neoclassico e in cotto, la Loggia del Grano (1841) e ricostruita la facciata della chiesa di Santa Croce.

Il nuovo Stato non è un sinonimo solo negativo per i maceratesi, che infatti cominciano ad appassionarsi alla nuova vita sociale e alla politica che gli viene offerta. Molti in città non possono votare, visto che il diritto al voto è legato al reddito, e una buona parte che ne ha diritto non vota seguendo il non expedit di papa Pio IX. Occorre però dire che nonostante tutto questo molti si appassionano alla politica e come a livello nazionale anche a livello comunale nascono le prime associazioni di mutuo soccorso, circoli (come quello garibaldino del Giardinetto) e partiti politici: repubblicano (che aveva poco seguito in città), liberale, seguitissimo da molti abitanti del centro e dai borghesi in genere, infine il socialista con i quartieri più popolani attratti da tali idee. I socialisti erano forti soprattutto negli storici quartieri rossi delle "casette", che corrisponde come già detto all'odierno Corso Cairoli, e delle "fosse", cioè Borgo San Giuliano. Con il nuovo arriva anche la tecnologia: l'erogazione dell'energia elettrica, che apre la strada dello sviluppo industriale e la ferrovia, che collega la città ad altri centri.

Il Novecento[modifica | modifica wikitesto]

Il secolo si apre con una lenta crescita demografica e con gli abitanti che pian piano incominciano a costruire case private anche fuori dalle mura. Tre quartieri cominciano a formarsi: il primo, di stampo borghese, è quello della zona della stazione, dove vengono edificate le case dei benestanti, un altro quartiere di benestanti è creato vicino Piazza Dell'Armi (odierno stadio dei Pini) in due punti, uno dietro via Morbiducci (odierno Corso Cavour) ed un altro punto l'odierno viale Carradori, infine è ampliato il quartiere popolare di "Villa Ficana", che sorge sul colle di Santa Croce. Sempre in questi anni si edificano la chiesa dell'Immacolata (1893-1917), situata in Corso Cavour e la chiesa di Corso Cairoli, nominata Sacro Cuore (1909-1913). La Guerra italo-turca rinfocolò gli attriti tra i partiti. che si trovarono alle prese con una grave crisi internazionale.

Anche a Macerata ci furono contrasti tra gli interventisti del partito nazionalista, capeggiato da Mazzantini, e i neutralisti del partito socialista (che in realtà era diviso in due correnti); questa tensione sfociò in un'aggressione da parte dei socialisti ai nazionalisti durante una conferenza pro-intervento di Cesare Battisti. Molti Maceratesi presero parte alla Grande Guerra formando la "Brigata Macerata" di cui facevano parte il 121º Reggimento fanteria "Macerata" e il 122º Reggimento fanteria "Macerata", che si fece segnalare per il grande coraggio con cui andava in battaglia. Dopo la guerra, anche a Macerata, ci furono gravi problemi di ordine pubblico per motivi politici; infatti dopo la marcia su Romai fascisti anche in città presero il potere e diedero la caccia ai nemici di sempre entrando dentro la sede dei socialisti, bruciando la casa del popolo e devastando alcune osterie del quartiere le "casette". Per fortuna della città due podestà moderati (Benignetti e Magnalbò) evitarono gravi atti di intolleranza da parte delle squadracce, e promossero opere pubbliche. Nonostante questo nel 1926 si tenne in città il Congresso nazionale della FUCI con la partecipazione di monsignor Montini e si verificarono forti contestazioni da parte dei fascisti, preludio alla soppressione dei circoli di Azione Cattolica (1931).

Da menzionare le opere fatte in questi anni: Palazzo delle Poste (1922), Palazzo degli Studi (1931), lo Stadio della Vittoria (1926) dove giocava la Maceratese, l'adiacente Monumento ai Caduti (1928-1932) e con l'abbattimento del Porton Pio si ha la creazione della scenografa Piazza Della Vittoria che servì anche per facilitare la viabilità della zona, Palazzo del Mutilato (1938) infine è da menzionare il Palazzo del fascio (oggi vi è il catasto) sito in Piazza Mercato (Piazza Mazzini) appena dietro lo Sferisterio. Nel 1943 dopo la caduta del fascismo molti cittadini scesero in piazza per festeggiare, ma la felicità durò poco visto che l'occupazione nazista arrivò senza remore anche a Macerata. I bombardamenti degli alleati colpirono il quartiere di Corso Cavour (fu distrutta la Caserma Castelfidardo) e quello di Corso Cairoli (vicino c'era il Distretto militare oggi è la sede dell'anagrafe e di altri uffici comunali) e non mancarono morti e feriti soprattutto fra le donne. Macerata venne definitivamente liberata il 30 giugno 1944 dai partigiani delle Bande Nicolò del Comandante Augusto Pantanetti.

Da segnalare che a guerra finita fu pestato a morte un noto fascista della città, e dopo averlo trascinato per le vie cittadine attaccato ad un carro trainato dai buoi, fu impiccato a testa in giù vicino allo Sferisterio. L'economia torna a girare soprattutto grazie all'agricoltura, al commercio e al terziario vero motore economico della città nel Novecento. Intorno agli anni cinquanta il problema principale fu quello di trovare un tetto per i moltissimi sfollati così si ampliarono diverse zone (le Casette, le Fosse, Ficana e le Vergini) e si crearono nuovi quartieri popolari come: la Pace, le Casermette (cioè San Francesco), il rione Marche e nei decenni successivi le Due Fonti, Collevario e Colleverde. Negli anni ottanta la città tocca il suo massimo picco demografico grazie anche all'edificazione di case popolari a Piediripa, Sforzacosta e Villa Potenza. Nei primi anni novanta come in gran parte d'Italia arriva una ventata d'immigrazione che non porta grande criminalità soprattutto grazie alla buona integrazione.

Il monumento dei caduti di Macerata in stile fascista.

Nuovo millennio[modifica | modifica wikitesto]

La città è caratterizzata da una certa qualità della vita che ancor oggi la rende una delle città più vivibili grazie anche ai molti punti "verdi" situati in diverse zone: i Giardini Diaz, Villa Lauri, il Sasso d'Italia e vari piccoli spazi verdi che sono presenti in tutti i quartieri cittadini. Nel 2006 sono iniziati i lavori per la realizzazione della galleria di collegamento tra la zona di "Due Fonti" e "Fontescodella"; i lavori sono stati ultimati a fine 2007 e l'apertura è avvenuta nel novembre 2008. Tale opera, la più importante degli ultimi decenni, rende più rapida la viabilità tra la valle del Potenza a quella del Chienti, evitando di attraversare l'area più urbana della città.